All grain VS BIAB
Il metodo BIAB, acronimo per brew in a bag, ossia letteralmente “fare birra in un sacco”, pare essere molto di moda ultimamente tra gli homebrewer italiani. Il metodo consente di birrificare con attrezzatura semplificata, diminuendo le tempistiche produttive. Sembra quindi indicato per chi ha poco spazio, chi desidera risparmiare tempo nella fase di ammostamento o chi vuole investire in minore attrezzatura pur facendo birra “all grain”. L’attrezzatura necessaria è infatti minimale: una pentola con un sacco filtrante.
Oggettivamente, il metodo ha punti a favore e punti contro:
- PRO: minore attrezzatura: basta pentola e sacco filtrante
- PRO: tempi ridotti: al termine dell’ammostamento si parte immediatamente con la bollitura
- PRO: semplicità di installazione e facilità d’uso
- CONS: dimensione cotta: senza attrezzatura supplementare (pulegge o paranchi) il sollevamento manuale del sacco filtrante limita necessariamente la quantità prodotta
- CONS: maggiore torbidità del mosto in bollitura, per una filtrazione molto approssimativa
- CONS: minore efficienza per assenza di risciacquo dell’impasto; inoltre la maggiore quantità di residui solidi a fine bollitura/raffreddamento implica maggiori scarti.
- CONS: attività enzimatica ridotta per il più elevato rapporto acqua/malto. Quindi non consigliabile per ricette con alte percentuali di amidi aggiunti (grani non maltati, fiocchi etc.)
Ma la qualità del prodotto finale cambia con il BIAB? Ho deciso di farmi un’idea attraverso un test, che pur non avendo massimo rigore scientifico, può dare qualche indicazione: realizzare due cotte parallele con medesima ricetta, stessi ingredienti e fare un test di assaggio alla cieca.
La birra brassata con i due metodi è stata una blond ale di minima difficoltà realizzativa:
9 Litri – OG 1.046 – IBU 40
Maris Otter Fawcett 2 kg
7 g Galaxy fiori 16% AA 60 min.
5 g Galaxy fiori 16% AA 5 min.
Mash in 56°C e salita a
Step 68°C sino a test iodio negativo
Mash out 78°C 10 min.
Safale S04
La prima differenza tra i due metodi è stata ovviamente la gestione dell’acqua. Nel metodo tradizionale ho utilizzato il consolidato (per il mio impianto) 3,5 litri per kg di malto. Non prevedendo per il BIAB alcun risciacquo, ho usato un rapporto acqua / grani di circa 5 litri per chilo di malto (riservandomi eventuali aggiunte ulteriori direttamente nel fermentatore).
Il prevedibile rallentamento dell’attività enzimatica, per il rapporto più elevato acqua/malto, si è effettivamente verificato: se normalmente dopo 30 minuti il test iodio conferma l’assenza di amidi, con il BIAB l’ammostamento è stato necessariamente prolungato a circa 60 minuti prima dell’OK del test iodio. Ricette con grani non maltati o amidi aggiunti potrebbero teoricamente dare problemi con il BIAB.
A fine ammostamento, ho deciso di non risciacquare il sacco, ma semplicemente lasciarlo sgocciolare a parte per recuperare altro liquido, aggiunto poi in bollitura. So che alcuni sciacquano e/o strizzano, ma ho deciso di attenermi al metodo più rapido, anche a costo di qualche punto in meno di efficienza. Sicuramente, in assenza di pulegge, paranchi o carrucole, ci si deve rendere conto che la dimensione del batch con il BIAB deve essere necessariamente limitata: il sollevamento del sacco, che può anche dare qualche problema di pulizia (sgocciola ovunque…) e di sicurezza (comunque si tratta di liquido a 80 gradi circa…), è fatto a forza di bicipiti e non si deve chiedere troppo ai propri muscoli e alla resistenza fisica della sacca filtrante.
A questo punto, la differenza di limpidezza del mosto ottenuto con un sistema di filtrazione tradizionale e quello che si ha a disposizione dopo il sollevamento del sacco filtrante è evidente: la foto qui a sinistra vale più di tante descrizioni. La fase di filtrazione classica può durare anche un paio d’ore e con il BIAB si risparmia parecchio tempo, ma influirà poi tutto ciò nella birra finita?
Al termine della fase di bollitura e raffreddamento con serpentina a immersione, il metodo BIAB ha evidenziato in fondo pentola, come ipotizzabile, una notevole presenza di coaguli. Per scelta, ho preferito portare nel fermentatore meno “sporco” possible e quindi ho rinunciato a una notevole dose di mosto (a occhio, il doppio del normale).
Complessivamente, l’efficienza del sistema BIAB non sarebbe stata molto inferiore a un normale sistema all grain: generalmente il mio impianto ha una efficienza media del 65% e il valore della cotta BIAB non si è attestata molto lontano da tale cifra. Tuttavia il dato conclusivo è parecchio inferiore (calcolato al 53%) avendo eliminato una grossa quantità di mosto torbido per massimizzare la qualità della birra finale. La dimensione limitata del batch ha ovviamente influito negativamente sul valore di efficienza.
Dopo circa 40 giorni dalle due cotte, un assaggio alla cieca: chi ha assaggiato non era a conoscenza di quale birra era stata realizzata con BIAB.
All’aspetto le due birre erano sostanzialmente identiche sia per colore che per limpidezza. La birra “BIAB” aveva tuttavia una ritenzione di schiuma leggermente inferiore, come si può notare dalla foto a destra. Al naso le birre erano sostanzialmente simili, ma in bocca la birra realizzata in BIAB è risultata con un corpo più esile e soprattutto meno “pulita” e più polverosa, complessivamente meno elegante. Nessun difetto evidente, intendiamoci, ma in un assaggio parallelo la birra “migliore” e più godibile appare essere senza dubbio quella realizzata con metodo tradizionale all grain.
Un concetto base della mia filosofia da homebrewer è quello che “non è importante il colore del gatto, ma che acchiappi i topi”. Quindi se il risultato derivato da un metodo è buono e il lavoro ne viene facilitato, non vedo motivi per non applicarlo. Non è sicuramente un giudizio definitivo e assoluto sul sistema BIAB, ma l’approccio non mi ha pienamente convinto: ha elementi positivi ma se lo scopo finale è quello della migliore qualità birraria possibile, questo test mi conferma che il metodo tradizionale è preferibile.
ciao,
ieri sono incappato su alcuni video su youtube riguardo homebrewing.
es. https://www.youtube.com/watch?v=p6peZsbrGYY
al secondo 1:50 mostra il suo metodo di filtraggio.
supponendo di volere seguire il metodo tradizionale.
a me sembra geniale, sbaglio a dire che in pratica si mantengono i vantaggi (esclusa la pentola, 2 ne sono richieste) del biab ma senza gli svantaggi?
te cosa ne pensi di una cosa del genere?
C’è un filtro metallico al posto della sacca ma il sistema è simile: la filtrazione è fatta “modello scolapasta” e non con lenta percolazione attraverso le trebbie. Non lo chiami BIAB ma concettualmente nulla cambia.
Salve,
Ho notato che nel sistema Clawhammer c’è un filtro metallico all’uscita della pompa, si potrebbe integrare con un più efficente filtro bazzooka, inoltre il filtraggio delle trebbie si potrebbe ovviare facendo ricircolare il mosto attraverso la doccetta posta sul coperchio, cosa ne pensi?
E’ un sistema che non conosco. Ma a quanto vedo dal filmato promozionale il ricircolo mosto avviene con una doccetta fine, metodo sicuro per avere un HSA (hot side areation), ossia ossidazione. L’effetto è controverso ma io francamente vorrei un ricircolo meno stressante per il mosto.